Perché il Comunismo è di Destra?
La
prima cosa da comprendere è cosa si intende per destra e sinistra, cosa non
facile perché ognuno dello schieramento avverso darà un significato negativo al
proprio avversario fino ad arrivare alle offese. Questo dipende anche da un
decadimento culturale del nostro paese che ormai confonde la politica con la
tifoseria, e ciò è dovuto alla scomparsa delle famiglie culturali che hanno
ispirato i partiti. “Fu la Rivoluzione francese a introdurre la distinzione
tra quelli che sono diventati i tre punti di riferimento convenzionali dei
sistemi politici contemporanei: destra, sinistra e centro. Nel maggio 1789,
riunitisi gli Stati generali, i membri del Terzo stato si divisero
nell'emiciclo: i conservatori si accomodarono a destra, i radicali e i
rivoluzionari a sinistra. Il centro dell'emiciclo fu invece connotato
polemicamente come 'palude', in quanto spazio indistinto e senza identità”.
Questi termini, pertanto, assumono un significato ideologico con l’avvento
delle ideologie filosofiche e politiche, ed in particolare quelle orribili del
900 che si realizzano in Germania, Russia ed Italia. In modo schematico
possiamo dividere il pensiero democratico con Kant e quello autoritario con
Hegel, e i suoi fan si divisero tra destra hegeliana e sinistra hegeliana. Per quel che concerne la
politica:
- “la Destra hegeliana (conservatrice) sostenne, grosso modo, che
lo Stato prussiano, con le sue istituzioni e le sue realizzazioni
economiche e sociali, doveva venir visto come il punto di approdo della
dialettica, come la massima realizzazione della razionalità dello spirito.
- La Sinistra hegeliana (rivoluzionaria), invece, invocò la
teoria della dialettica per sostenere che l’arresto ad
una configurazione politica non era possibile e che la dialettica
storica doveva negarla per superarla e realizzare una più alta
razionalità.”
Per cui da
un punto di vista culturale, nazismo, comunismo e fascismo trovano nel pensiero
di Hegel un comune denominatore che è una visione autoritaria della società.
Entrambi nel voler promuovere il bene dell’uomo o nel voler costruire una nuova
umanità hanno realizzato l’inferno alle loro comunità e non solo.
Il socialismo nei suoi molti rivoli si è
anche abbeverato alla visione hegeliana specialmente nelle sue propaggini
massimalistiche e rivoluzionarie sia marxiste che leniniste. Ma il socialismo
italiano nasce anche da una visione umanistica e cristiana, e da una tradizione
risorgimentale che non a caso comporterà una visione laica della storia e della
società, in contrasto con una visione ortodossa del materialismo storico. Potremmo parlare di un tratto comune di tutti questi movimenti che è
la difesa dei più deboli o meglio ancora usare il termine giustizia sociale
(da non confondere con statalismo, visione tipicamente Hegeliana in cui lo
Stato, che essendo nostro, garantisce equità). Sia i socialisti Italiani, il
fascismo che il comunismo (ed anche il nazionalsocialismo) nascono per
promuovere uguaglianza e giustizia sociale, ma ciò che ha fatto e fa la
differenza è il modo con cui lo intendono realizzare.
Ovviamente la teoria e la
storia ci hanno confermato che questi movimenti (comunismo, fascismo e nazismo)
hanno usato la violenza per consolidare il potere o come in Russia, legittimamente,
perché sotto una dittatura, hanno dovuto usare la violenza. Potrà sembrare
una bestemmia, ma entrambi erano e sono movimenti di sinistra,
rivoluzionari, che mediante il metodo violento hanno gestito il potere. Se tutti coloro che vogliono promuovere la
giustizia sociale sono di sinistra non ci sono dubbi che anche il fascismo è di
sinistra come il comunismo. Nella visione democratica cambia la
prospettiva, la discriminante in essa non è più la giustizia sociale o l’uguaglianza
(valore condiviso da tutti in occidente), ma è l’alternativa tra l’autoritarismo
e la libertà; per tanto in questo nuovo paradigma il comunismo come il
fascismo sono di destra perché autoritari e conservatori del potere da loro
conquistato e non prevedono ricambi se non all’interno della loro casta o nomenclatura.
Certamente con il dissolversi dell’Unione
Sovietica è sparita nel mondo occidentale la paura dei missili e di una
invasione comunista in Europa, ma per la peculiarità tutta italiana data da una
forte presenza culturale ed elettorale del PCI e dell’universalismo cattolico,
le mentalità autoritarie sono più che mai vive. Mentre il fasciocomunismo
è il riconoscimento di culture antidemocratiche, il cattocomunismo è un
fenomeno tutto italiano, dovuto all’incontro tra due chiese, le quali sono
entrambi portatrici di un messaggio messianico ed universalistico per la realizzazione
di un mondo migliore chi nell’aldilà e chi nel presente, ma entrambi vivono di
dogmi che rifiutano il confronto dialettico tipico delle democrazie. Ciò che
può essere comprensibile per una religione molto meno per una idea politica che
non a caso si trasforma in ideologia.
La criminalizzazione dell’avversario
e l’ideologizzare il linguaggio, dando valore morale a termini che svolgono una
funzione di condanna senza appello, (sei di destra o sinistra, negazionista
usato in modo improprio, confondere volutamente o ignorantemente i clandestini con
i rifugiati e migranti, e dunque senza
appello sei razzista, parlare di foibe sei subito identificato come possibile
fascista ecc.) altrettanto avviene nell’altro schieramento (se canti bella ciao
sei comunista, se difendi i valori della resistenza sei comunista etc.) ma
entrambi sono anti americani ed anti occidentali e contro Israele a
prescindere.
Questi sono alcuni degli
strumenti di come il pensiero autoritario in modo subdolo fa proseliti nella
società. La condizione fondante affinché ciò avvenga è che coloro che la
propagano ti fanno percepire che sei sempre dalla parte del giusto, come in ogni
visione messianica e religiosa. Per tornare alla quotidianità possiamo
osservare che la cultura autoritaria si manifesta, come direbbe Freud nei
lapsus dei vari attori politici e dei loro sostenitori, ad esempio sui social, i
quali contenuti ormai vengono veicolati dai media senza che ci sia una condanna
morale. L’esempio più imbarazzante è questo governo Conte 2 (non è che il Conte
1 era meglio) del quale tutti ne riconoscono il fallimento sul piano economico
ed internazionale, ma visto che i sondaggi dicono che se si andasse a votare
vincerebbe il centro destra, allora si ingoia il rospo e si difende questo
governo comunque anche se è deludente.
Sembra un ragionamento logico ma in
realtà nasconde una visione autoritaria proiettata sull’avversario, inoltre è evidente
la sfiducia nel sistema democratico e si percepisce il centrodestra non come
una alternativa democratica possibile ma come il sopravvenire di una dittatura. Altra conferma di questa visione
autoritaria e dunque di destra è quella che quando i cattocomunisti perdono,
la colpa è del popolo che non capisce, che si è lasciato manipolare, ma mai
la loro, ad esempio il dubbio che non hanno saputo cogliere i bisogni del popolo; hanno lo stesso
atteggiamento di un profeta, per cui se stai con loro sei sulla via della
salvezza se contro hai scelto l’inferno. Il dramma è che tuto ciò avviene nella loro totale inconsapevolezza. La politica, dunque, da strumento
di confronto diventa strumento divisorio, in una concezione di laicismo
religioso e manicheo. Come diceva Hegel: se la realtà non coincide con la
teoria tanto peggio per la realtà.
Concludendo possiamo dire che
la visione fasciocomunista per quanto morta nella storia, sopravvive nella
cultura e mentalità dei cattofasciocomunisti di ambo gli schieramenti, si perché
la cultura cattocomunista ha egemonizzato, come predicava Gramsci, in modo
inconsapevole la cultura italiana. Come dicevo all’inizio il discrimine è
tra liberaldemocratici e autoritari. Il pensiero autoritario, inteso come
pensiero unico, anche se predica il bene e si presenta con il vestito buono,
poi realizza regimi o dittature più o meno soft, e dunque sono di destra. Non
esistono dittature buone e dittature cattive, sono entrambe da condannare senza
se e senza ma. Diceva il Presidente della Repubblica e socialista Sandro
Pertini: Alla più perfetta
delle dittature preferirò
sempre la più imperfetta delle
democrazia