lunedì 13 settembre 2021

“La Vispa Teresa”: dalle Stelle alle Stalle

 Mai  fu cosi  utile e tempestiva, per i cittadini romani, l’opportunità offerta dall’uscita del libro  del giudice Carla Romana Raineri, (attualmente presidente della 1° sez. Civile della Corte d’appello di Milano). E’ un libro da leggere prima di andare a votare, e che consiglio a tutti i candidati sindaci di Roma, perché racconta la breve esperienza (1mese ) del giudice  nella giunta del  Sindaco a 5 Stelle: Virginia Raggi. La Raineri, che ha studiato a Roma e svolge la sua funzione giurisdizionale a Milano, viene chiamata a Roma nel dicembre 2015 dal Prefetto Francesco Paolo Tronca,  quando fu nominato Commissario Straordinario del Comune di Roma, dopo la messa in mora del Sindaco Marino.

“Brevi Cronache dai Palazzi della Capitale” edizione la Bussola, con la prefazione di Vittorio Sgarbi, si legge in modo scorrevole e accompagna il lettore dentro le stanze del campidoglio dove si incontrano personaggi conosciuti dalla cronaca romana e nazionale.  Un libro che denuncia come la decadenza politica, quando si veste di nuovismo e moralismo, fa sì che  tra il dire e il fare ci passa il mare, ma è anche la dimostrazione che quando dei funzionari dello stato fanno squadra, anche se per un periodo breve, con spirito di servizio, e offrendo il meglio delle loro competenze sono capaci di dare una speranza alla città eterna.

Se da un lato si raccontano i mesi entusiasmanti del periodo del commissariamento, dove anche i sempre vituperati dipendenti pubblici vedono in quel gruppo di “Milanesi” persone che credono nel loro lavoro e da diffidenti si trasformano in entusiasti collaboratori  avendo trovato dirigenti che sanno dare fiducia al personale; dall’altro la Raineri racconta del mese in cui, dopo varie pressioni e dubbi, accetta di fare il capo di gabinetto del Sindaco Raggi e dell’incontro con “la banda dei 4 (Raggi, Marra, Romeo e Frongia)”.  

 L’esperienza e le riflessioni dell’autrice  si intersecano nel libro con i fatti di cronaca che sono emersi dopo le sue dimissioni da capo di gabinetto  a conferma delle sue sensazioni che per quanto cercata a ricoprire quel ruolo nei fatti non era una persona desiderata dalla Raggi e dalla sua “cricca”. Il libro intervista  condotto dal dott. Gioacchino Onorati negli allegati contiene il prezioso lavoro fatto nel periodo del Commissariamento  a dimostrazione che se si vuole cambiare modo di far funzionare  l’amministrazione questo è possibile.  Ciò che più mi ha colpito nella lettura  non è tanto il fatto di aver prima nominato e poi delegittimato il giudice Raineri, quanto piuttosto la ‘progettualità’, il ‘background intenzionale e concettuale’ che si cela dietro questo comportamento.  E mi riferisco al fatto che con la nomina della Raineri, non si intendesse affatto ‘essere’, nella sostanza, in continuità rispetto al lavoro encomiabile e trasparente  del Prefetto Tronca, bensì piuttosto ‘apparire’, nella forma, in continuità rispetto a prima; per poi essere, invece, nella sostanza, tutto l’opposto

Anche il Presidente dell’ANAC  Cantone  (oggi procuratore generale a Perugia)  non ne esce bene, ne nella forma ne nella sostanza, essendosi prestato ad una opera di delegittimazione di una sua collega, probabilmente per il prevalere ciò che Palamara ha svelato (per chi non voleva vedere) del rapporto deviato tra la magistratura e la politica. Ma anche qui la Raineri ci tiene a precisare che la categoria è composta da tanti onesti magistrati che fanno in silenzio e con abnegazione il loro dovere.

Una sola considerazione finale, il libro che si legge tutto di un fiato, ha messo in risalto come tante brave persone si sono fatte illudere dal moralismo ignorante delle 5 stelle al grido di onestà, dimenticando che l’onestà è un valore delle persone, che lo trasferiscono nel loro lavoro, alla politica bisogna chiedere competenza, progetti e valori.

                                           Roberto Giuliano

 


 

 

mercoledì 1 settembre 2021

La Destra e la Sinistra che non c’è

 


Per leggere il presente e prevedere il futuro è necessario guardare il passato per fare virtù delle scelte e delle conseguenze degli errori e delle sane intuizioni. Da quando è iniziata la seconda Repubblica gli ex comunisti, grazie alla loro presunta diversità antropologica di essere i migliori, hanno abbandonato gli ideali del comunismo mantenendo la mentalità autoritaria tipica della cultura ideologica del comunismo.

Diciamoci la verità, questo paese ha sempre condonato ai comunisti il loro autoritarismo perché la borghesia italiana, oltre ad essere affine culturalmente, ha  visto il modo come ripulirsi laicamente la coscienza di essere stata fascista, con l’ipocrisia tipica della  doppia morale, non a caso detta cattocomunista, nella quale c’è una verità per il popolo e un’altra per i chierici.

Dal 1994, anno in cui sparisce per via giudiziaria il PSI e la prima repubblica,  sono passati 27 anni e in tutti questi anni i partiti della seconda repubblica, nonostante gli ampi consensi elettorali, non sono riusciti a stabilizzare il sistema democratico. Gli ex comunisti, in particolare, non sono riusciti a coprire quello spazio politico che era ed è tipico del socialismo democratico o liberalsocialismo. Come mai?

La risposta più semplice è che culturalmente sono comunisti senza il comunismo sovietico, non hanno mai fatto un loro BadGodesberg, (località tedesca dove si svolse il famoso congresso nel 1959 come fece la vecchia Spd tedesca ripudiando le teorie autoritarie presenti in alcuni aspetti del marxismo e del Leninismo in particolare). Oggi gli ex cattocomunisti, che rappresentano una sinistra variegata di formazioni partitiche, hanno tutti un loro sentire comune che gli deriva da questa atavica concezione culturale che, purtroppo, ha contaminato vasti settori della società italiana anche in modo inconsapevole. Un dato caratteristico di questa visione autoritaria è il manicheismo, e cioè quel metodo di percepire la realtà in modo binario o con me o contro di me. 

Cultura diffusa nel nostro paese perché è atavica in quanto rappresenta lo sviluppo del pensiero infantile che non si è evoluto. Le 5 stelle ne sono i miglior rappresentanti, non è casuale la loro alleanza con la Lega e poi con il PD, perché esso è un pensiero di base, politicamente ignorante che unisce trasversalmente la società nonostante gli pseudo schieramenti italiani di destra e sinistra. Ovviamente fluisce nella cultura  italiana anche la presenza di una intolleranza  cattolica che ha origini lontane e che certamente non rappresenta il pensiero dominante della chiesa e dei molti cristiani democratici.

  Oggi possiamo parlare di un Paese che subisce il dominio di una cultura fasciocattocomunista che è intrinsecamente autoritaria. Ma per il PD c’è un aggravio maggiore ed è determinato dalla sua  Storia: ieri erano al servizio dell’Urss, oggi dei poteri finanziari speculativi, considerati una modernità che li fa stare nei tavoli che contano e l’altro aggravante è l’utilizzo della magistratura per eliminare gli avversari (anche interni) che hanno il consenso popolare. In Italia la cultura liberale e liberal socialista è sempre stata minoritaria e le conseguenze sono talmente evidenti che siamo il fanalino di coda dell’Europa occidentale. La difficoltà a ricostruire una classe dirigente sta proprio in questo intreccio malefico di ignoranza politica autoritaria di cui “l’uno vale uno” è la sintesi perfetta della nostra decadenza in cui si incontrano tutto il massimalismo e il populismo della nostra società.

Altro esempio di questa decadenza è il modo caotico di come è stata mal gestita l’emergenza sanitaria con i media che hanno sparso a piene mani coperture ad una classe dirigente che tale non si è dimostrata. In qualunque campo siamo sommersi da un populismo “buonista o cattivista” che si sorreggono a vicenda, dall’immigrazione all’economia, dai talkshow alla scuola.

L’arrivo di Draghi con tutte le riserve possibili è un salto di qualità in competenza e ruolo internazionale, certamente va aiutato nel creare una classe dirigente nuova con la ricomparsa di partiti veri, democratici e valoriali.

Oggi mi unisco al coro di coloro che invocano la nascita del partito di Draghi senza Draghi, e dunque partiti non personali, non scatole vuote, dove deve dominare il principio della responsabilità e non dell’opportunismo, dove si creano delle comunità politiche che si scontrano e si confrontano sul merito senza demonizzazioni o criminalizzazioni dell’avversario politico che non è mai un nemico.  Saremo capaci spero di si, perché se osserviamo le elezioni comunali di Roma, con tutto rispetto per i singoli candidati e senza voler fare di ogni erba un fascio, credo che siamo alla frutta, e come la storia ci insegna che se si perde  il treno del momento politico prima che ritorna passeranno altri decenni.

Roberto Giuliano