lunedì 22 maggio 2023

EUROPA AD UN BIVIO: TRA TECNOCRAZIA E DEMOCRAZIA

I sistemi che noi consideriamo democratici si distinguono per l’applicazione di alcune regole fondamentali, sia quelle tradizionali del bilanciamento dei poteri che quelle del rapporto con i cittadini che, di norma, si contraddistinguono con le elezioni di rappresentanti del popolo che, a loro volta, eleggono un governo, se si tratta di un sistema parlamentare puro, o mediante l’elezione diretta sia dell’esecutivo (nelle varie forme di presidenzialismo o premierato) che dei parlamentari. 

Certamente condizione fondamentale è la libertà per i cittadini di potersi organizzare liberamente e di avere equo accesso ai media per informare il popolo delle varie opportunità di voto.  Se questo è vero per le nazioni dell’occidente democratico, ciò non vale per l’Europa.  Oggi l’Europa è un mostro senza testa ed è oggettivamente irresponsabile nei confronti dei vari popoli delle democrazie europee. Vediamo il perché di questa affermazione cosi tranchant.

Il Parlamento europeo viene eletto a suffragio universale dai vari popoli europei ma non elegge un governo europeo, e i Commissari dell’Unione vengono nominati da un compromesso fra i singoli stati e i partiti europei, inoltre i partiti danno solo un voto pro forma nel parlamento europeo. I Commissari europei approvano direttive vincolanti per i singoli stati, queste ultime devono essere approvate dai parlamenti dei singoli stati e una legge o direttiva europea è considerata superiore a quella del singolo stato per cui tutti si devono adeguare.

Pertanto abbiamo un esecutivo europeo che per le sue decisioni non risponde ai popoli europei, dunque è nei fatti irresponsabile da un punto di vista democratico nei confronti dei singoli popoli, i quali unica difesa che hanno è protestare nei confronti dei propri governi nazionali, ma essi stessi possono risultare isolati nella commissione e dunque subire le decisioni di una commissione mai eletta dal popolo europeo. Certo al consiglio dei capi di stato, dove si discutono e si approvano varie misure, esiste ancora la possibilità che uno stato può porre il diritto di veto, ma non sempre le decisioni della commissione sono stilate o passano per il consiglio dei capi di stato. 

Questa è una anomalia grave che favorisce il lobbismo non dichiarato, e lo scandalo del Qatargate ne è la punta di iceberg.

Dopo l’accordo di Maastricht il processo di integrazione europea, di fatto, si è bloccato e non è un caso che in questi 30 anni e più, i popoli che erano fortemente europeisti siano diventati pian piano, come minimo, scettici sul ruolo dell’Europa. La politica fiscale, la difesa comune, la politica estera comune sono rimasti lettera morta, decisioni che erano a corollario dopo l’istituzione dell’euro. Per non parlare del tema abortito della Costituzione Europea, che era diventato un libro da manuale universitario.

Uno dei motivi per cui, dopo la seconda guerra mondiale, si è favorita la nascita prima della CEE e poi della Unione europea, era quello di evitare che gli stati europei evitassero delle guerre tra di loro, (come dimostra la Storia europea), non solo per le disgrazie che le guerre portano in sé, ma fondamentalmente per non indebolire il fronte occidentale nei confronti dei paesi dell’Europa dell’est sotto osservanza del comunismo sovietico.

Se da un lato la caduta del muro di Berlino ha determinato una certa euforia nel processo di integrazione europea, da qui la decisione dell’euro, come primo passo verso una reale integrazione, dall’altro ho la sensazione che coloro che hanno supportato la nascita dell’unione europea, dopo la fine del comunismo, hanno intravisto nella costruzione di questo nuovo soggetto politico unitario un intralcio per i loro interessi economici.

Nonostante il tempo trascorso dalla seconda guerra mondiale, alcuni singoli stati, come L’Italia e la Germania, sono vincolati dal trattato di Pace di Parigi del 10 febbraio 1947, il superamento di questo trattato è possibile solo con la creazione di una nuova entità statale Europea. 

Nonchè le continue polemiche tra noi e i nostri cugini francesi, credo che le affermazioni fatte da Macron, dopo il suo viaggio in Cina, siano da condividere: “l’Europa deve ridurre la sua dipendenza dagli Stati Uniti ed evitare di farsi trascinare in uno scontro tra Cina e Usa sulla questione di Taiwan,” ha ribadito la sua teoria personale di una «autonomia strategica», verosimilmente a guida francese, che consentirebbe all’Europa di diventare la «terza superpotenza». Macron sostiene inoltre che l’Europa, malgrado la dipendenza dagli Usa per l’energia e gli armamenti, oggi deve concentrarsi sullo sviluppo e potenziamento del suo settore della difesa. Ha inoltre suggerito che l’Europa dovrebbe ridurre la sua dipendenza dall’«extraterritorialità del dollaro statunitense», un obiettivo politico fondamentale tanto per Mosca che per Pechino.”  La Francia gode di una posizione militare unica: fa parte dei cinque membri permanenti del Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, in quanto potenza vincitrice nella seconda guerra mondiale, ed è la sola potenza nucleare nell’Ue.  

Perché non assecondare questa visione di Macron?  Molti hanno il timore di un Europa a trazione francese per il loro essere grandeur, ma sono anche molti che hanno temuto una Europa a trazione tedesca, certo tutti rischi sono possibili su qualunque scelta, ma i timori di ieri ad oggi si sono dimostrati fantasmi, forse volutamente evocati e propagandati  proprio per negare questa opportunità; qualcun altro potrà sollevare il caso greco, ma anche qui nessuno racconta che la Grecia truccò le carte per aderire all’euro, cosa che in qualche modo abbiamo fatto anche noi italiani, con la differenza di una nostra economia più strutturata ed integrata, e nonostante ciò l’euro è stato per noi, da un lato, un salvagente quando è arrivata la crisi finanziaria, e ha svolto un ruolo positivo sul nostro debito pubblico, dall’altro l’accordo sull’euro è stato penalizzante nel cambio inoltre gestito malissimo per il mancato controllo sui prezzi al cambio della valuta, elementi questi ultimi che  hanno creato disamore verso l’Europa, anche grazie al mantra di una classe politica inadeguata che ci diceva “c’è lo chiede l’Europa”.  

Questi timori sponsorizzati da una stampa interessata si sciolgono come neve al sole se si realizzano gli Stati Uniti d’Europa, Si, perché un qualunque governo Europeo, con un qualunque leader o premier di qualunque nazionalità sia, avrà tutto l’interesse a governare l’Europa e non un singolo stato. Il premier, il suo governo i partiti di governo e opposizione avranno il bisogno del consenso di tutti i popoli europei per cui faranno di tutto per farli stare il meglio possibile.

Con la nascita degli Stati Uniti d’Europa si possono creare le condizioni per il superamento degli egoismi nazionali, (vedi oggi il dumping fiscale), le capacità di ogni singolo popolo saranno una ricchezza per tutta la comunità, le aree disagiate saranno una sfida creativa per tutta la comunità europea.

Può sembrare un libro dei sogni ma qual è l’alternativa? Disuniti in una economia globale siamo terra di conquista sia per la finanza che per le industrie manufatturiere; in politica estera e di difesa, di fatto siamo una colonia americana e al cambio delle esigenze americane i nostri rapporti con la Russia e la Cina subiscono alti e bassi, e l’attuale aggressione Russa alla Ucraina dimostra la nostra nullità come Unione Europea.

 I valori sociali dei popoli europei sono diversi da quelli anglo americani, da noi grazie alle politiche liberali vere e non liberiste, alle politiche sociali dei partiti socialdemocratici, abbiamo sviluppato uno spazio sociale unico nel mondo, questi valori sono oggi attaccati dalla finanza speculativa ed ogni singolo stato da solo può solo capitolare.  Da un sogno dei nostri padri a noi sta il dovere di realizzarlo per il futuro dei nostri figli e per la pace nel mondo che determinerebbe la realizzazione degli Stati Uniti d’Europa.

Una Europa certamente amica degli americani, a cui dobbiamo sempre essere grati per averci liberati dal nazismo e dal comunismo, ma con la quale dobbiamo dialogare alla pari per sconfiggere i rischi di una finanza speculativa che dietro le quinte può muovere i fili del potere politico mettendo a rischio la pace e le nostre democrazie manipolando la libera stampa.

Roberto Giuliano