LA POLITICA MUORE QUANDO LA STAMPA DIVENTA DIRETTORE D’ORCHESTRA
La politica oggi, in qualche modo, è data in appalto ai media, che certamente hanno avuto sempre un ruolo fondamentale, ma se prima erano l’altoparlante delle idee, dei progetti dei partiti oggi sono essi che orientano con le loro parole d’ordine il dibattito nei partiti e tra i cittadini.
Questo comporta che i media, invece di dare informazioni, fanno propaganda, mentre nella prima repubblica avevamo quotidiani, più o meno equidistanti, perché era importante per un quotidiano dirsi ed apparire indipendente, mentre per sapere cosa pensavano i partiti, c’erano i quotidiani di partito. Oggi non è più cosi, i quotidiani sono tutti di parte, si articolano per prima cosa in quotidiani di destra o di sinistra e poi in base a questa scelta al partito di cui sono i supporter.
L’esempio tipico lo abbiamo avuto con le elezioni in Sardegna, non bisogna essere laureati nè in statistica nè in sociologia per comprendere che, dati alla mano, la candidata Presidente del cosiddetto “campo largo” ha vinto sull’altro candidato per un migliaio di voti, e con una percentuale di non votanti che di poco è aumentata, e se questi dati li confrontiamo con il risultato delle coalizioni che si fronteggiavano si nota che il centro destra ha preso più voti del campo largo. La lettura più ovvia è che i problemi della coalizione di centro destra hanno favorito la candidata di centro sinistra, ma allora mi domando come si può parlare del “Vento del cambiamento”. Si tratta solo di bieca propaganda che dovrebbe offendere i cittadini, perché gli si vuole far credere ciò che non c’è, se lo fanno i partiti è una libera scelta, se lo fanno i media si tratta di manipolazione. Non a caso secondo alcuni strateghi chiusi nel salotto delle loro redazioni con i loro editori, hanno pensato che, facendo propaganda e manipolando la realtà, fosse possibile condizionare il voto dei cittadini Abruzzesi. Il loro sogno, però, si è infranto davanti alla realtà degli elettori che, per quanto siamo tutti manipolabili, abbiamo sempre il senso della realtà.
Questo brutto giornalismo dovrebbe essere censurato, ma ormai è funzionale a questo sistema elettorale che Gianni De Michelis definì un maggioritario Bastardo, un sistema che per funzionare deve polarizzare e criminalizzare l’avversario, che diventa nemico, dove le frange massimaliste sono quelle che condizionano le frange riformiste e dialoganti. Questo sistema politico ed elettorale è funzionale alla macchina del fango che molti credono nata oggi, viste le notizie che emergono grazie al libro scritto da Palamara (ex Presidente dell’associazione Magistrati) sul mal funzionamento della magistratura, ma anche delle notizie gravi che emergono in questi giorni sugli accessi riservati alle banche dati operate da magistrati e funzionari di stato disonesti con la complicità di giornalisti e dunque dei loro gruppi editoriali. Tutto ciò di cui si parla oggi era già presente in modo diverso negli anni di Mani Pulite del Pool di Milano, operazione di un golpe post moderno nato dal connubio tra magistratura deviata e media al servizio di poteri finanziari interessati a comprare a due soldi le aziende pubbliche italiane.
Non è un caso che l’operazione parte in grande stile dopo che il parlamento approva la legge maggioritaria denominata Mattarellum che spacca le forze rifomiste, che erano e sono presenti in ogni partito democratico, obbligandole con questa legge ad essere residuali dentro i due schieramenti e perdendo la loro capacità di dialogo funzionale per la democrazia. Se a ciò aggiungiamo la campagna mediatica che definisce il politico, in quanto tale, Ladro a priori per cui è giusto abolire il finanziamento pubblico, ed eccoci precipitati nella politica del nulla, in mano alla finanza, scimmiottando il peggio delle istituzioni americane le quali oltretutto hanno dei bilanciamenti dei poteri che noi non abbiamo.
Un’ultima osservazione, ma i nostri politici si sono dati all’agricoltura? Campo largo, Campo giusto, Campo coeso, quando nella politica si usano metafore vuote dove ognuno può inserire ciò che vuole, vuol dire che: la politica dei contenuti, la politica del fare, la politica che mobilita i cittadini, la politica della speranza, non esiste. Non a caso anche nella prima Repubblica, Moro, parlò della convergenza di due rette parallele, per definire che due partiti diversi possono trovare dei punti di convergenza su alcune cose, ma rimanendo distinti. La differenza tra i campi, che non sappiamo cosa ci si coltiva e la convergenza è che nella prima Repubblica c’erano vincoli internazionali che oggi non ci sono, per cui bisognava motivare agli alleati le alleanze possibili, per poter governare, che i dati elettorali mettevano in risalto. Stiamo parlando dell’inizio del compromesso storico, una fase politica complessa dove il peso degli equilibri internazionali fu determinante nel suo fallimento. Ma questa è un’altra storia.
Roberto Giuliano