sabato 28 settembre 2024

Inclusivismo e Sovranismo: il Re è Nudo

 

Inclusivismo e Sovranismo: il Re è Nudo

Di norma tutto ciò che finisce per “ismo” quando non rappresenta valori è ideologia, e l’ideologia è un sistema chiuso di valori che comporta una visione manichea e non inclusiva delle relazioni e degli stessi valori.  I valori a differenza dell’ideologia  sono concetti universali ed inclusivi che si armonizzano con il mondo che cambia.  Per noi occidentali, l’ideologia è la versione laica della fede, con la differenza che la fede è una scelta personale che trascende la realtà, mentre l’ideologia è una scelta di colui che pensa di avere la verità, di avere sempre ragione e disprezza coloro che non condividono la sua verità. Questa visione manichea è il prodromo di tutte le varie forme di violenze sia psicologiche che fisiche.

Questo preambolo è utile per affrontare la questione del sovranismo e dell’inclusivismo con dati reali, non con credenze che molte volte i media propongono per vere. Art.1della costituzione dice: .... La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Per comprendere che il Re è Nudo dobbiamo comprenderne le forme e limiti.

Oggi quando si parla di sovranismo verrebbe da pensare che è la teoria che vuole il popolo libero in contrapposizione a chi lo vuole schiavo; ma è vero?   No, perché in entrambi i casi si manipolano la realtà e la storia. La storia ci insegna che dai popoli primitivi fino a tempi maggiormente civilizzati, coloro che vincono una guerra pongono le condizioni nel rapporto con i vinti. Chi racconta cose diverse o è in malafede o è ignorante (nel senso etimologico del termine). Noi Italiani insieme ai Tedeschi e Giapponesi abbiamo perso una guerra, e siamo liberi, non grazie alla resistenza per quanto nobile, ma agli Inglesi, Americani, Francesi, Russi, etc., i quali ci hanno posto delle condizioni nei trattati di pace che abbiamo firmato nel momento della ritrovata libertà. Per cui la nostra sovranità è comunque sottoposta al rispetto di quei trattati.  Voglio solo ricordare agli smemorati che quando si realizzò il primo centro-sinistra, quello vero 1963, il PSI che aveva assecondato il Frontismo (alleanza con il PCI e schierati con la Russia, la quale come potenza vincitrice firmò con gli alleati gli accordi di Yalta), dovette rompere l’alleanza con il PCI, riconoscere il patto della NATO, e riconoscere l’Europa di allora che era la CEE.  Per tanto possiamo dire che noi siamo un popolo sovrano a certe condizioni oppure che noi non siamo un popolo sovrano, il che non vuol dire che siamo meno liberi ma che dobbiamo sempre tener presente che la nostra libertà è frutto di una guerra che abbiamo dichiarato e abbiamo fortunatamente (questo lo dico io) perso e fortunatamente siamo rimasti nel blocco occidentale con tutte le sue contraddizioni e ipocrisie.  Per cui, tutti i bla bla tra sovranisti e non, sono solo operazioni di distrazioni di massa di una classe politica di incapaci e senza visione politica. Ciò che oggi manca alla politica è senso dello Stato, per cui non atteggiamenti manichei ma dialogo nel Paese e nei rapporti internazionali, con la consapevolezza che lo stare nell’occidente ci ha dato l’opportunità di essere alleati e non servi. Inoltre credo che oggi i veri Sovranisti sono coloro che vogliono gli Stati Uniti d’Europa perché in quel caso, specialmente per quanto riguarda l’Italia e la Germania, creandosi una nuova statualità, per quanto federata, si supererebbero i trattati della seconda guerra mondiale. Pertanto, delegare poteri all’Europa, ovviamente ad un governo europeo sovrano, ci rende liberi dai vincoli che abbiamo e dunque realmente Sovrani.

Altro elemento dei vari bla bla è il termine inclusivismo: il Sovranismo e l’Inclusivismo sono legati da una concezione comunque ideologica ma contradditoria, perché se da un lato si vuole essere sovrani dal altro si vogliono includere persone che non sempre apprezzano la nostra cultura per la quale vogliamo essere sovrani. Il termine: In ambito sociale, essere inclusivi significa soprattutto sentirsi accoglienti e accolti: appartenere a un gruppo di persone, a una società, godere pienamente di tutti i diritti e le opportunità che questa appartenenza comporta.  Dunque un termine che indica una modalità relazionale e, mi permetto di dire, anche di civiltà. Se questo termine diventa una ideologia le cose cambiano profondamente possiamo fare alcuni esempi: come si può essere inclusivi con chi crede che noi siamo da redimere? O chi pensa che le cose gli siano dovute per diritto (non parliamo dei diritti sanciti dalla legge) un po’ come gli aristocratici in senso inverso? inoltre per includere è necessario che anche l’altro voglia farsi includere, l’inclusione richiede la condivisione di valori della comunità che ti include altrimenti non è possibile includere o almeno il rispetto delle diversità valoriali della società che ti include. La visione ideologica dell’inclusione fondamentalmente serve a sentirsi o percepirsi buoni, non malvagi, cosa certamente buona, ma se queste buone intenzioni non sono corroborate dalla realtà e dunque dalle esigenze e volontà di coloro che dovremmo includere, si lavora per il suicidio della nostra società. Molti pensano in buona fede che dare la cittadinanza, risolva il problema dell’inclusione, ma è un falso problema, proprio perché è più facile dare la cittadinanza e mettersi a posto la falsa coscienza, che affrontare le tematiche che essa ci impone di valutare in termini di organizzazione sociale e non di abbandonarli a sé stessi. Quella di questi anni è stata accoglienza? È inclusività?  No è ipocrisia pura, sono sfruttati e abbandonati a se stessi e poi ci meravigliamo che delinquono, sono utili alla delinquenza nostrana, agli affari delle strutture private e cooperative, alle Ong che ci guadagnano, ai caporali etc. L’inclusione come l’accoglienza è una cosa seria solo se è fatta con Umanità e dunque con regole chiare di diritti e doveri. Questa mentalità ideologia dell’inclusione è la tipica ipocrisia di coloro che definirei i razzisti democratici.

Roberto Giuliano


 

lunedì 9 settembre 2024

Il manicheismo è la cultura dell’ignoranza e della guerra

 

Il manicheismo è la cultura dell’ignoranza e della guerra

Molti non sanno che il Manicheismo nasce come religione manichea, dal nome del suo fondatore Mani, vissuto nel III secolo d.C. in Persia, oggi Iran, e scompare nel XIV secolo. Esso rappresenta “una tendenza a contrapporre in modo rigido e dogmatico principî, atteggiamenti o posizioni ritenuti inconciliabili, come fossero opposte espressioni di bene e male, di vero e falso”. (Treccani). Questa visione dualistica è tipica dello sviluppo infantile nel quale, il bambino, non essendo ancora in grado di sviluppare un pensiero complesso osserva e si spiega la realtà in modo semplice: buono/cattivo, vero /falso, bianco/nero, amico/nemico. Purtroppo questo meccanismo atavico del pensiero umano non sempre evolve in età matura in un pensiero complesso. Ma fin qui il tutto rientra nella imprevedibilità umana. 

Cosa diversa è quando si vuole manipolare il comportamento umano risvegliando questa parte del pensiero infantile. Come dice D. Kahneman, il nostro cervello va a risparmio energetico, per cui quando più ci è facile avere una comprensione intuitiva di un messaggio che leggiamo o ascoltiamo e trovandolo logico senza sforzo perché funzionale al dualismo con cui siamo cresciuti, diventiamo facile preda della manipolazione. 

A scuola abbiamo sempre studiato che le guerre le combattono gli eserciti (non sempre vero perché i civili sono sempre inevitabilmente coinvolti) i quali a loro volta hanno una divisa che non serve solo per distinguere l’amico/nemico (una coppia manichea), ma per indicare al popolo chi odiare: non a caso il terrorismo fa saltare questo aspetto e si parla di guerra “asimmetrica”. Anche il digitale fa regredire la mente umana al pensiero manicheo, anzi gli da quasi un attestato di competenza e di democrazia

Le polis greche avevano la loro Agorà come spazio libero dove i cittadini esprimevano le loro opinioni e prendevano le loro decisioni. In internet e sui social c’è lo spazio più libero che il mondo abbia mai avuto, dove ognuno, con competenze vere o presunte o anche in assenza di competenze, si può esprimere su tutto lo scibile umano. È certamente un fatto positivo, anche se i social hanno i loro filtri non sempre democratici, (ma questo è un altro discorso). I social, volenti o nolenti, tendono a polarizzare (manicheismo) i messaggi, sia perché gli algoritmi tendono a farti vedere ciò che tu gradisci, per cui rinforzano nel lettore le sue convinzioni (dunque nessun dubbio) sia perché qualunque messaggio o video non può essere troppo lungo - per i limiti del sistema- ma anche per la difficoltà ad essere letto.   

Questo risveglio di una vecchia modalità infantile viene anche propagata dai media e supportato dal sistema elettorale maggioritario che, a differenza del proporzionale, obbligava e obbligherebbe anche i media a tener presente le diversità culturali dei vari partiti.

Il pensiero manicheo è il pensiero divisivo per eccellenza e il prodromo allo scoppio di una guerra e al sostenerla con la propaganda, è la condizione per una guerra civile, è la condizione per odiare non l’immigrato ma lo straniero che poi è anche immigrato (perché lo straniero è l’estraneo, il non conosciuto) ed è funzionale alla manipolazione del termine immigrato, così inconsciamente, si comincia ad odiare colui che si conosce ma è estraneo come gli europei. Alcuni fenomeni sociali come l’immigrazione non vengono affrontati nella loro complessità ma in modo manicheo, per cui se non sei accogliente sei razzista, anche se il sistema di accoglienza fa schifo o se poni il problema che sono fondamentalmente i mussulmani a non integrarsi diventi islamofobico, per cui è impossibile approfondire una qualunque soluzione per studiare un fenomeno, inoltre lo studio non è funzionale alla propaganda di cui i due sistemi si alimentano ai danni dei cittadini. 

Affermare che non tutta l’immigrazione è compatibile con la nostra cultura non è razzismo ma è prendere atto di una diversità e studiare le possibili soluzioni. Allora potremmo scoprire ad esempio leggendo la carta dei diritti umani dell’ONU che molti paesi Arabi se vogliono stare nella comunità internazionale devono dare una lettura dell’Islam non fondamentalista e non manicheo. (Certo ormai c’è una finanza di paesi arabi che condiziona la politica. Lo scandalo Qatargate di cui si è persa memoria docet.)

Questo aumento della violenza di genere e dei femminicidi dipende anche dalla affermazione inculturale del pensiero manicheo per il quale nella sua barbara dicotomia, non accettando il rifiuto e la diversità, sviluppa rabbia e violenza, altro che ritorno al fascismo, è il pensiero manicheo una forma di fasciocomunismo.

Il pensiero manicheo è talmente subdolo che, ad esempio, la cosiddetta sinistra e i media che li supportano, lo usano a piene mani dividendo il mondo e la società tra dx e sx, facendosi poi i paladini della cultura dell’inclusione, ma solo se decidono loro chi includere. Certamente anche a dx c’è questo fenomeno ma è più lieve, per quanto entrambi gli schieramenti ne traggono beneficio, non è un caso che ormai votano meno della metà degli elettori e le frange estreme ne traggono beneficio, in un corto circuito che si autoalimenta nella società proprio perché essendo estreme sono manichee.

“Che fare?” diceva Lenin. Unire i riformisti sarebbe l’inizio per contrastare il manicheismo imperante e  per prima cosa un ritorno al proporzionale in politica al primo turno è per me una condizione di base perché obbligherebbe la finanza - che possiede i media - a dare spazio alla complessità che ogni partito avrebbe modo di esprimere, secondo, ritorno al finanziamento pubblico e/o immunità parlamentare e/o profonda riforma del sistema giustizia con meritocrazia e responsabilità personale di chi indaga e di chi giudica.Questo sul versante istituzionale, ma serve anche una profonda riforma del sistema scolastico, certamente si devono usare le nuove tecnologie e l’intelligenza artificiale ma ad una certa età.  Per combattere il pensiero manicheo è necessario muoversi su due direttrici 1) il ritorno, dalle elementari alle medie, dello studio scritto e mnemonico della storia della letteratura, della geografia e della matematica, ed affrontare il problema dei rischi della rete con un patentino digitale. 2) socialità ed empatia, sono gli strumenti fondamentali della nostra umanità che si possono sviluppare mediante attività extra scolastica obbligatoria, con un servizio civile affidato alla Protezione Civile e alla Croce Rossa  che a loro volta potranno farsi affiancare da associazioni del terzo settore  per le attività teatrali, canore, di dizione, ambientali,  sportive  e sociali in genere nei mesi in cui la scuola chiude, evitando un classismo per cui coloro che sono benestanti mandano i figli in centri estivi e gli altri sono abbandonati a se stessi. La cultura del dubbio, la cultura della complessità si può affermare solo con la socialità e non con la tecnologia, essa deve essere solo uno strumento al nostro servizio.

Roberto Giuliano

 


 

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