domenica 26 luglio 2020

La corruzione del pensiero sintomo di una democrazia malata


La corruzione del pensiero sintomo di una democrazia malata
Non so se dipende dai giornali o da una mentalità messianica, per cui ci si immagina il mondo fatto solo di persone per bene, oppure si percepisce un mondo diviso rigidamente in buoni e cattivi, dove poi per motivi ideologici i cattivi sono ovviamente chi non la pensa come noi. Questa riflessione mi sovviene leggendo le cronache giudiziarie di questi giorni per quello che riguarda gli scandali, il caso Palamara/ CSM, la strumentalizzazione degli appalti in Lombardia ed il silenzio su quelli della Regione Lazio, la caserma dei carabinieri di Piacenza. Prima di tutto bisognerebbe comprendere che quando esce una notizia, sia di cronaca nera che di politica sui media, non è la conferma che il mondo è pieno di malavitosi, ma che la democrazia e la giustizia avanzano. Altro aspetto è che le notizie di cronaca dovrebbero stimolarci la comprensione e non, ovviamente, la giustificazione dei comportamenti umani che hanno determinato quegli eventi. La distinzione tra comprensione e giustificazione è fondamentale, confonderle vuol dire non cercare soluzioni ad un problema, anzi è fonte di un meccanismo protettivo per sè, e proiettivo verso l’esterno, per non indagare anche su se stessi, e dunque individuare sempre un responsabile/nemico a cui attribuire qualunque colpa. In effetti il giustizialismo si nutre di questo meccanismo proiettivo per deresponsabilizzarsi delle proprie pulsioni, per questo trova molti adepti. Il giustizialismo è un meccanismo antico dalla notte dei tempi, nella storia possiamo trovarlo dalla santa inquisizione, alla legge del taglione, dalla caccia degli untori alla visione islamica della sharia, etc., ed è un meccanismo che fonda la sua forza nell’ignoranza del comportamento umano. Se invece partiamo dall’assunto che ogni essere umano è portatore del bene e del male allora la prospettiva cambia, sia a livello personale che istituzionale.  Se riusciamo a vedere in colui che è malvagio, che ruba, che spaccia, che si droga, che si prostituisce, che è un nostro simile, che anche noi se non avessimo avuto condizioni culturali, educative e sociali diverse, avremmo una percezione diversa della realtà.  Adesso qualcuno dirà dobbiamo giustificare il tutto? No per nulla, la legge della convivenza civile ci obbliga a dire chi sbaglia paga, per cui nessuna giustificazione, ma il poter comprendere quali sono state le condizioni che hanno permesso queste “devianze” ci può essere utile per prevenire questi comportamenti.   A livello istituzionale si conferma che la democrazia è il sistema migliore perché è sempre correggibile, ma attenti che la democrazia vive con il concetto di responsabilità, altrimenti muore.
Oggi tutti si meravigliano della corruzione nella magistratura, nella pubblica amministrazione, come nell’arma dei carabinieri, e ognuno propone ricette per arginarla, come se la lettura che tutto ciò che è pubblico è corrotto per natura. Gli anticorpi ci sono se c’è la volontà politica di attuarli, ma non con una logica punitiva (tipica della mentalità giustizialista e messianica) ma con gli accorgimenti che la democrazia ci offre. Prima di tutto vanno normalizzate le istituzioni politiche e i partiti in primis, mediante un finanziamento pubblico e privato che sia adeguato alla vita democratica dei partiti, perché alcuni costi sono eguali per tutti i partiti nazionali, togliendo il velo dell’ipocrisia che la politica deve essere volontariato; essa è una professione e come tale per la sua rilevanza deve essere protetta dagli altri poteri ed in particolare da quello economico. Sappiamo tutti che coloro che rubano lo fanno solo per soldi. Per cui anche nella pubblica amministrazione vanno messi controlli patrimoniali ed economici sul personale dipendente e dirigente, fatti dall’interno o dall’esterno ma devono comunque essere distanti e con carriere distinte dagli altri pubblici dipendenti, come dovrebbe essere tra PM e Giudici.
Anche sugli appalti bisogna mettere gli interessi in concorrenza tra di loro, ad esempio su tutti gli appalti pubblici mettere l’obbligo dell’assicurazione dell’opera o della fornitura, in base alla sua presunta validità temporanea, per cui se la fornitura o l’opera è fatta male l’assicurazione paga la P.A. Oggi abbiamo una Anac che di fatto complica la vita alla P.A. ed invece di essere un supporto è diventata un’altra forma di magistratura preventiva. La democrazia ha i suoi anticorpi solo a condizione che educhiamo alla democrazia, se le istituzioni invece di essere punitive nei confronti dei cittadini, offrissero soluzioni per cui sarebbe più conveniente vivere nella legalità, ma questo comporterebbe che lo stato nei confronti dell’illegalità dovrebbe assicurare pene certe e magistratura cristallina. 


lunedì 6 luglio 2020

DAL LIBRO LA GOCCIA ROSSA SUL TAPPETO NERO IL CAPITOLO: QUANDO L'AVVERSARIO DIVENTA IL NEMICO

 DAL LIBRO LA GOCCIA ROSSA SUL TAPPETO NERO IL CAPITOLO: QUANDO L'AVVERSARIO DIVENTA IL NEMICO


TROPPO SPESSO IN ITALIA UNA SANA RABBIA POLITICA DEGENERAIN VIOLENZA: E' COLPA DELL' "ODIO DI CLASSE"
Politica e violenza
La seguente frase di Camus rende bene l’idea dell’equivoco che c’è in politica tra avversario e nemico
Un nemico è una persona che ritengo mi abbia fatto o mi potrà fare del male, un nemico è colui che si odia , o ancora colui di cui si vuole o si desidera la morte; un avversario è una persona che in quel momento può essere competitivo o antagonista, si può essere avversari in una partita di pallone, una gara di atletica come  in una competizione elettorale; in tutti questi casi la competizione può essere dura, aspra, ma mai si desidera l’eliminazione o la morte del concorrente; la propagazione mediante  slogan o parole d’ordine  di questa confusione, in politica può determinare gravi sconquassi alla democrazia e alla convivenza civile, perche come esistono fanatici a sinistra ce ne stanno altrettanti a destra.

La prima cosa da evitare, quando si parla di violenza, è l’equivoco con l’aggressività, e la rabbia. Esse sono una caratteristica dell’uomo e di tutti gli esseri umani, e non è giusta l’equazione aggressività uguale violenza, anche se affinità sono presenti, mentre l’aggressività può essere anche agita, la violenza è un comportamento principalmente agito. Non sono interessato alla polemica tra i sostenitori della visione dell’uomo come “buono per nascita e rovinato con la crescita”, oppure tutti gli animali sono violenti per la propria sopravvivenza, quindi l’uomo è violento. Poi ci sono quelli che dicono “l’uomo è l’unico animale che ammazza un suo simile” e gli altri  rispondono presentandogli una casistica di animali che uccidono il proprio simile.
Quanta violenza osserviamo intorno a noi, e quante volte noi siamo responsabili di azioni violente  provocate inconsapevolmente, ben sapendo che tra aggressività e violenza c’è contiguità, come dire una scala di valori che dall’aggressività si passa alla violenza con varie gradazioni, da quella verbale a  quella agita, da un cazzotto  alla morte.. 
Cos’è che genera la violenza?
Certamente aggressività, e frustrazioni represse, alienazioni e paranoie, ambienti famigliari e culturali degradati e traumatizzanti ma anche l’indifferenza affettiva, possono favorire l’esplosione di forme comportamentali violente.
Tali  problematiche e non solo, possono essere la coltura di forme violente ma per assumere una veste politica non bastano.
La violenza può assumere sembianze politiche solo se è supportata da una teoria che ne legittima la pratica e l’uso, e dunque parliamo di  cattivi maestri, che certamente non sono responsabili penalmente (finché non agiscono) di quello che dicono agli alunni,  ma  lo sono moralmente, se poi il cattivo maestro  opera o è  il leader di  una forza politica o di un movimento culturale in questo caso c’è una  responsabilità politica.
Cos’è “l’odio di classe” se non una giustificazione politica affinché sia moralmente accettabile odiare e dunque distruggere colui che si odia? che differenza c’è tra “l’odio di classe” e la teoria della razza ariana? sostanzialmente nessuna ambedue vogliono eliminare fisicamente le “razze diverse”, con il supporto di una presunta teoria  scientifica che ne legittima l’aberrazione.
L’odio di classe è la  teorizzazione politica al diritto di odiare dei cittadini per la sola appartenenza ad una classe sociale diversa dalla propria? Quando si teorizza il diritto ad odiare come un diritto politico, di fatto si concretizza una istigazione alla violenza politica. E se qualche matto domani compie qualche gesto folle, da parte di chi ha propugnato l’odio di classe, ci sarà un atteggiamento teso a minimizzare l’accaduto per arrivare quasi, quasi a giustificarlo.  L’odio, ieri verso Craxi e oggi verso Berlusconi,  non è altro che la trasposizione di questo odio di classe verso colui che viene indicato o individuato come nemico, è la cultura del capo espiatorio. Una cultura primitiva che vive dentro di noi, e che è stata legittimata dal furore mediatico avvenuto con tangentopoli e propagato negli anni dalla diversità comunista e dal moralismo catto-piccolo borghese.
Il binomio amore – odio  è antico quanto la storia dell’uomo, se uno è costruttore di vita, di relazioni, l’altro  rappresenta il desiderio di morte per l’altro e per se stessi, la negazione di qualunque dialogo e relazione. L’amore per la nazione, per il proprio popolo favoriscono una identità comune che è la condizione, per un dialogo politico tra diversi, ma se prevale l’odio non è possibile nessun dialogo.  

Alla cultura violenta si risponde con quella democratica, ma quando si passa dalla teoria alla pratica allora lo stato democratico deve rispondere con le norme repressive previste dal suo ordinamento democratico, così come in Germania, si sta ipotizzando di chiudere partiti che della violenza si fanno araldi, lo stesso ragionamento in Italia lo deve fare la nostra sinistra alfine di espellere dal tessuto democratico, “chi sempre per una buona causa”, pensa di fare violenza ad un altro. Che la storia, sia storia di violenza è anche vero, ma se si pensa di vivere nel 1848 mentre si vive nel terzo millennio è da idioti; non è accettabile che si confondano sistemi autoritari, dove la violenza può rappresentare la sopravvivenza, con un sistema democratico con tutti i suoi limiti ma che sempre democratico è, no, questo non è proprio accettabile!
La vera rivoluzione, se vogliamo usare questo termine inteso come rottura, deve essere culturale, perché  se la cultura non si evolve, vale il motto “del lupo che cambia il pelo ma non il vizio”,  in psicologia, si direbbe una coazione a ripetere. Un esempio eclatante è l’affermazione fatta da Sofri il leader di Lotta Continua, condannato per l’omicidio del commissario Calabresi, il quale nonostante  condanni gli anni di piombo dice

Il comportamento violento in politica è un virus che entra nell’uomo attraverso le parole di odio verso l’avversario, che diventa nemico, cioè colui che è responsabile di tutto ciò che  nella tua esistenza va male; questo fiume in piena di odio è propinato anche dalle teorie dogmatiche e salvifiche che possono spingere gruppi o singoli uomini nel silenzio della loro solitudine o nell’auto convincimento del gruppo che si estranea dalla realtà, il leit motiv dell’esplosione di forme di violente.
Con questo non voglio minimamente ridurre i conflitti sociali ad ipotesi criminali o immaginarmi una società ideale come l’immaginava Platone.
Anche per la mia esperienza personale sono convinto che il conflitto e l’antagonismo sociale, se non sono ideologie ma aspetti sociali del mutare della società, sono salutari e fondamentali per la democrazia anche con l’esplosione della rabbia sociale e,  permettetemi, non è un eufemismo se la chiamo rabbia sociale e non violenza.
La rabbia sociale  scoppia perché  i governanti non hanno saputo o voluto trovare una soluzione; essa,  può anche degenerare in forme  violente, non è obbligatorio, ma trovata la soluzione finisce. Un esempio per tutti, credo è la situazione da terzo mondo che si è vissuta in Campania, sul problema dell’emergenza rifiuti, un problema che in quasi 15 anni di governo Bassolino con la presenza del ministro dei Verdi Pecoraro Scannio, campano anch’egli, non sono stati in grado di risolvere nonostante le centinaia di milioni di euro investiti; è stata un emergenza non risolta con gravi danni per la salute pubblica, per l’immagine dell’Italia nel mondo, e un grande spreco di soldi pubblici.
Ci sono state proteste e scontri, ma una volta che lo Stato, grazie all’impegno in prima persona del presidente del Consiglio Berlusconi, ha deciso di varare un piano per l’emergenza mediante il confronto con tutti gli amministratori e i cittadini invitando tutti alla responsabilità dandone lui in prima persona l’esempio, il conflitto che si era determinato con le istituzioni si è risolto ed oggi si è risolto anche il problema dell’emergenza rifiuti.
Ovviamente una classe politica (quella locale) ne esce delegittimata, ed è una classe politica ormai non più credibile per i cittadini; da qui la rabbia e il conflitto sociale che è emerso (aldilà degli interessi della malavita che in questi territori sono sempre presenti) scompare con la soluzione del problema perché non sostenuto da una teoria politica che proclama “i rifiuti son belli”.   


Per i comunisti ed ex,  questo loro essere i migliori, i diversi, determina la loro impunità morale, per cui non percepiscono il senso di vergogna che dovrebbero avere, ad esempio, per come hanno governato la Campania, ma c’è di più, ed è l’omertà, che viene scambiata  per solidarietà, da parte di chi dovrebbe denunciare lo scandalo o indagare nei confronti delle malversazioni economiche di milioni di euro spariti nel nulla.
 Ma è il loro essere casta che li rende estranei alla realtà, perché per essi esiste solo la realtà della loro visione del mondo impermeabile al mondo esterno; quando la realtà non si adegua si sentono legittimati ad usare la violenza nelle sue varie sfumature, come tutti i cultori di ideologie illiberali.
Per i cultori di ideologie salvifiche l’obbiettivo è raggiungere a tutti i costi e con ogni mezzo il loro mondo, per poi sostenerlo sempre con tutti i mezzi possibili, come hanno fatto i Talebani in Afghanistan: prima hanno combattuto con altre formazioni culturali la dittatura comunista, una volta vinta si sono scagliati contro gli alleati e poi hanno sostenuto  il loro regime, come facevano i comunisti, anzi peggio perché la loro è una dittatura teocratica basata sul diritto divino. Anche l’attualità politica ci dimostra come questo odio accecante contro Berlusconi li porta ad un imbarbarimento della politica passando dal già deprecabile  giustizialismo al gossip moralizzatore.

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