mercoledì 5 agosto 2020

Uno stato è credibile solo se, come sa accogliere sa respingere


Sono ormai anni che si discute del fenomeno migratorio ed in particolare sull’accoglienza o sul rimandarli tutti a casa, realizzando su questo tema una miracolosa operazione di consenso elettorale a scapito del Paese reale. Lo scontro esasperato su queste due posizioni funziona come meccanismo di demonizzazione reciproca tra i due schieramenti favorendo una tifoseria di ultras da ambo le parti, tra destra e sinistra; ma i veri campioni di questo dualismo sono la Lega e il PD. I quali hanno tutto l’interesse reciproco a non trovare soluzioni al problema perché garantisce ad ognuno nel proprio campo di acquisire consenso facilmente. Il PD e suoi epigoni ci raccontano che è impossibile fermare l’onda migratoria perché è sempre stato così nella storia, con una sottile venatura filosofica sul senso di colpa dell’occidente verso questi paesi.  La Lega coglie questo paradosso della ineludibilità del processo migratorio ma invece di proporre soluzioni rilancia con parole d’ordine: chiudiamo i porti o con la demagogia: è tutta colpa dell’Europa e ancora con il proporre di fare il blocco navale che sarebbe un ottimo show per gli “accoglienti” i quali sperano che possa accadere una azione drammatica che provochi una indignazione morale contro coloro che l’hanno proposta. Certo chiudere i porti ha avuto senso e risultati ma non ha risolto il problema. Qualcuno potrebbe obiettare perché dovremmo risolverlo noi? Perché siamo le prime vittime di questo fenomeno, per tanto la classe politica ha il dovere di proporre soluzioni reali al Paese e all’Europa. La problematica dell’immigrazione è stata sempre affrontata o con il buonismo messianico (quando non nasconde business o peggio indifferenza) o con l’ignavia fatalistica o muscolosa. Con queste deformazioni ideologiche non si è in grado di osservare il fenomeno nella sua semplicità: chiunque venga nel nostro Paese deve avere titoli per starci, che sia lavoro o rifugiato e che comunque deve rispettare le nostre regole e dunque le leggi italiane. Con un po’ di buon senso si potrebbe evitare questa polemica fastidiosa tra presunti razzisti per antonomasia coloro che vorrebbero la legalità (considerati di destra dai sinistri) e razzisti democratici. I primi comprendono purtroppo anche una minoranza di razzisti veri che esistono ed una stragrande maggioranza di italiani i quali non condividono la gestione buonista, ipocrita ed illegale di come si gestisce il fenomeno, i secondi in gran parte sono coloro che si puliscono la coscienza con l’accoglienza dell’indifferente, cioè coloro che si commuovono all’arrivo ma poi si lascia il migrante abbandonato a se stesso, e lontano dal loro mondo.  Molti di quest’ultimi  professano una visione del fenomeno migratorio inarrestabile e dunque pensano con spirito di rassegnazione che non si possa fare nulla.  Qualunque fenomeno umano può essere governato. Un fatto acclarato è che il loro obiettivo è arrivare in Europa, sia coloro che fuggono da una guerra ed hanno diritto all’asilo, ma anche di coloro che vengono nella speranza di trovare un lavoro, contravvenendo però quest’ultimi alle regole per cui esiste uno stato una comunità una nazione. In questa schizofrenia culturale tra un cattolicesimo universalistico ed un senso di colpa pietistico dei laici verso i migranti, si perde il barlume della ragione.  Ed è in questi settori che si sviluppa forse in buona fede il più odioso dei razzismi quello democratico, persone benpensanti anche sincere che non considerano le problematiche dell’accoglienza nella sue complessità culturali, finché non capita a loro qualche problema. Ma le soluzioni esistono: la cosa più logica sarebbe applicare a loro le norme che valgono per noi, ma purtroppo la realtà del fenomeno non lo consente, in particolar modo sia per la nostra cattiva capacità di  gestire le responsabilità, sia per consapevolezza che molti di loro sanno che non hanno nulla da perdere, per cui legittimamente essi pretendono i diritti, ma non c’è nessuno che li obbliga ai doveri, (conoscere la lingua, conoscere le leggi e le abitudini ed usanze del nostro Paese) per cui la mancata integrazione è prima di tutto una nostra incapacità. Altra soluzione possibile è convincere (ed argomenti non mancano) l’Europa a finanziare 10 mld di euro (come già è avvenuto con la Turchia) per realizzare un hotspot in un paese Nord Africano amico, (Tunisia, Algeria, Marocco) in cui portare tutti i barconi del mediterraneo anche se raggiungono le coste italiane o maltesi, e farlo gestire dalla UE o dall’Onu alfine di selezionare chi ha diritto ad essere rifugiato e chi no, per cui distinguere chi ha diritti e chi no di venire in Europa. Qualcuno giustamente afferma che visto il calo demografico abbiamo bisogno dell’immigrazione, certamente, ma essa deve avvenire mediante la tanta detestata legalità, ed anche con la consapevolezza che non tutte le culture sono facilmente integrabili. Uno stato è credibile solo se, come sa accogliere sa respingere.  


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