domenica 27 aprile 2025

L’intolleranza virus malefico del socialismo e del Paese

 

L’intolleranza virus malefico del socialismo e del Paese

Osservare è una nostra capacità che non sempre mettiamo in pratica in modo cosciente e consapevole, per quanto naturale ed automatica, secondo Daniel Kahneman esiste un pensiero veloce e uno lento, come funzione fondamentale per la nostra capacità di dare senso alla realtà. Siamo abituati, il più delle volte, a rispondere o interpretare la realtà con il sistema del pensiero veloce (che comunque è un sistema utile su cui però non sempre si può fare affidamento) in quanto garantisce un risparmio energetico al nostro cervello.  Il pensiero lento richiede: riflessione, connessioni remote e confronti con sé stessi.

Le ideologie appartengono a questo pensiero veloce perché, essendo un sistema di valori chiuso, permette di dare valutazioni e risposte sensate per quanto divisive, proprio perché facilita il ruolo delle ideologie che è quello di dare identità e appartenenza. Le ideologie sono autoritarie per antonomasia e sono le costruzioni mentali per la propaganda di massa, sembrano emancipare la cultura, ma nei fatti sono una involuzione del pensiero democratico e liberale.

I valori uniscono e le ideologie dividono, appartengono al pensiero manicheo che permette al potere di mettere gli uni contro gli altri: bene o male, determinando in coloro che si considerano il bene (cioè entrambi gli schieramenti o gruppi) una superiorità morale per cui non servono argomenti ma solo giudizi morali a priori sull’altro, responsabile di non condividere la propria ideologia.

Faccio questa premessa perché, per quanto consapevole che non tutti possiamo pensarla fortunatamente allo stesso modo, sono stato escluso da un gruppo di Facebook di Socialisti per le mie idee e perché no, anche per le mie provocazioni culturali, sempre senza offendere nessuno personalmente, ed evitando atteggiamenti moralistici di chi presuppone di possedere la verità.  Sono consapevole che la persona che mi ha estraniato dal gruppo è una persona perbene, che stimo, per cui deduco che se è arrivato a tanto perché spinto da una irrequietezza ed intolleranza di alcuni esponenti del gruppo che hanno fatto pressione sull’amministratore, per cui comprendo bene e rispetto la sua legittima posizione.

 Il motivo per cui lo racconto è che sto osservando da tempo, anche tra i socialisti ma non solo, una crescente intolleranza per tutti coloro si discostano dal pensiero maggioritario nel gruppo, inoltre noto che ad argomenti non si risponde con un sano dialogo, ma con pregiudizi e ingiurie: dal vergognati al fascista, putinista, etc.(ovviamente il termine comunista non viene vissuto come offesa) chi è più forbito la butta in caciara. Certamente tra i socialisti c’è una diaspora nata nel 94, tra chi nonostante tutto si allea con il PD e non comprende o non vuol comprendere le ragioni di chi si allea con il centrodestra determinando in molti di loro la perdita della bussola della tolleranza.  

Io nel Psi, prima di Craxi, appartenevo alla sinistra Lombardiana ed  eravamo una minoranza, ma c’era rispetto per le nostre posizioni, ricordo che quando il Partito approvò in parlamento la legge Reale (il fermo di polizia) noi occupammo la sede della Direzione Nazionale e il segretario venne a discutere con noi, ci confrontammo e ci espose le motivazioni delle decisioni del gruppo dirigente e, nonostante non completamente convinti, togliemmo l’occupazione, certo erano altri tempi e c’erano altri politici e altri partiti. Il Psi si è sempre distinto per essere un partito di sinistra libertario senza pregiudizi, che coniugava i diritti sociali con quelli civili perché ricco di valori dove lo stesso dissenso era un valore da tutelare, e i valori essendo universali venivano rimodellati con l’arte del riformismo ai cambiamenti della società con proposte di leggi adeguate.

Se la politica democratica non è confronto di idee e dialogo tra diversi, che democrazia è?  Molti danno la responsabilità ai social di questa regressione culturale e politica, ma è falso, i social sono solo uno strumento, che certamente può favorire l’involuzione per emulazione, ma la responsabilità è del degrado della politica e della scomparsa della sua cultura umanistica basata sul rispetto. Ormai si è tifosi, si nega l’umanità dell’altro per affermare a qualunque costo la propria squadra identificandosi con essa, perché in fondo, chi non la pensa come te è di disturbo e in menti disturbate o fragili, esso deve essere offeso o eliminato. Si rompono amicizie, si disprezza chi non la pensa come te, diventa sociologicamente impossibile convivere con chi non condivide il tuo mantra, si favorisce l’odio al posto della comprensione (che non vuol dire giustificare) e si può arrivare ad uccidere, come il terrorismo o la donna che ti rifiuta, perché mette in discussione le false certezze su ciò che ci si è costruito su di sé.  

Oggi seguire un talk show o una diretta in parlamento, è come osservare una partita di calcio, gli argomenti non servono per dare un contributo o trovare una soluzione a punti di vista diversi o mitigare o migliorare un provvedimento, no, è solo propaganda, che diffonde un messaggio al paese: l’altro è un nemico e non un avversario con cui oggi su un argomento si è divisi, ma con il quale domani si possono trovare convergenze.

Questa regressione è figlia del sistema maggioritario, che ha determinato la scomparsa dei partiti avendo, in modo demagogico, eliminato il finanziamento pubblico e dunque reso i partiti scatole vuote e inibito la selezione della classe politica. Il sistema maggioritario vive sulla contrapposizione creando il nemico, favorisce le posizioni estremistiche e massimalistiche nella società, che sono ovviamente le più infantili, e dunque figlie della beata ignoranza “modello 5 Stelle”.  Il ritorno al proporzionale almeno al primo turno, senza obblighi di coalizione, le quali si propongono al secondo turno per garantire una “governabilità” possibile, è la strada maestra per un ritorno alla Politica che risponde ai suoi valori difronte agli elettori. Consapevoli comunque che la democrazia prevede la tolleranza con i tolleranti e l’intolleranza con gli intolleranti, ciò che in modo popolare decliniamo come responsabilità, ed in modo costituzionale Diritti e Doveri i quali hanno valore solo se coesistono.

Roberto Giuliano

 






 

venerdì 11 aprile 2025

La guerra dei dazi, il lavoro e la propaganda

 

La guerra dei dazi, il lavoro e la propaganda

 

L’emergenza è una condizione psicologica che, se da un lato stimola le capacità reattive dell’essere umano, dall’altro favorisce la perdita di razionalità. “Le masse non hanno mai avuto sete di verità. Chi può fornire loro illusioni diviene facilmente il loro comandante” G.Le Bon. Quando l’emergenza diventa una cultura, a nostra insaputa, perché considerata condizione normale di vita, avviene una manipolazione di massa, nella quale il ruolo di regista lo esplicano i mass media ma anche tramite i social che si distinguono per la confusione contradittoria del flusso inarrestabile dei messaggi, nei talkshow televisivi (dove le liti, presentati per informazione, sono all’ordine del giorno).

La propaganda martellante e  la confusione che questi suscitano sono la miscela giusta per mantenere viva l’emergenza, che  basa la sua forza sulla paura.  Certamente coloro che ne sono coinvolti non percepiscono la paura, ma sua sorella che si chiama “Ansia”, “Preoccupazione per il futuro” etc.

Questo preambolo è utile per comprendere come siamo passati dall’emergenza Terrorismo, Virus, Guerra e oggi all’emergenza Dazi.

 

Non sono un economista, ma sociologo ed ex sindacalista della CGIL e in questi anni di seconda repubblica,  che coincide con il globalismo, abbiamo assistito alla delocalizzazione delle imprese, da nazioni ricche in paesi dove i diritti e il salario sono inferiori, per poi riportare il prodotto finito nel paesi occidentali determinando o una concorrenza sleale per quelle imprese che non hanno delocalizzato (obbligandole alla chiusura o alla diminuzione dei salari) o aumentando il solo profitto dell’azienda a scapito dei lavoratori,  senza produrre un benessere per il Paese o per i dipendenti, che di norma o sono stati licenziati o sono passati a carico della collettività.

Aldilà di un raffinato colonialismo spacciato per sviluppo dei paesi interessati, nei fatti è un modo moderno di sfruttamento dei popoli in via di sviluppo. La globalizzazione, nei fatti, è un dumping (svuotamento) sociale e fiscale (Il dumping è una forma di concorrenza sleale poiché i prodotti vengono venduti ad un prezzo che non rispecchia in modo accurato il costo di produzione) operato dalle multinazionali e dalla finanza, e per paradosso, ciò avviene anche in Europa, ad esempio con la delocalizzazione delle sedi legali in paesi che hanno tasse più basse, senza che questo comporti un beneficio né per i lavoratori né per il Paese che perde la sede legale.  Il Dumping sociale, è il mancato rispetto delle leggi in materia di sicurezza, diritti del lavoratore e tutela ambientale, che consente a un'impresa di ridurre i costi di produzione e quindi di vendere le proprie merci a prezzi molto più bassi di quelli di mercato. 

Il termine "dazio", invece, indica un'imposta indiretta che viene applicata a beni che attraversano un confine. Il dumping rappresenta un potente strumento di lotta commerciale per la conquista di mercati esteri, ma provoca, in genere, l’erezione di barriere doganali difensive, i DAZI sono degli antidumping) Treccani.

 Questo per dire che l’attuale crisi dei dazi ha una doppia strategia 1) togliere dalle prime pagine la guerra con l’Ucraina e la guerra in medio oriente, visto le castronerie che la classe politica occidentale ha urlato su questo tema “Putin è pazzo” Putin è malato” nascondendo i veri motivi delle due guerre cioè controllo economico di beni materiali per le multinazionali. 2) ridisegno degli equilibri internazionali mediante una strategia economica di cui i Dazi cosi vituperati sono la medicina per combattere una delocalizzazione selvaggia, dove per profitto si sono chiusi gli occhi ai diritti dei lavoratori.

Lo stesso WTO così propagandato come una conquista democratica esprime di fatto una concezione Tayloristica della produzione a livello internazionale a scapito dei lavoratori dei vari popoli: Quando in esso si afferma che "i vantaggi comparativi dei paesi non dovrebbero essere messi in discussione a causa di queste norme [del lavoro]” il WTO riconosce che i paesi hanno diverse specializzazioni naturali basate sulla loro produttività relativa, e che il commercio basato su questi vantaggi è positivo per l'economia globale. L'obiettivo è evitare che le preoccupazioni per gli standard del lavoro vengano utilizzate come pretesto per politiche protezionistiche che limiterebbero il commercio e i suoi benefici. se non è sfruttamento coloniale con la complicità dei vari governi locali cos’è?

Non si vuole qui demonizzare il Profitto, ma l’organizzazione umana si distingue per una sua funzione sociale che molti economisti ed imprenditori dimenticano.

Le emergenze di cui nessuno parla è che fine ha fatto la politica?  La democrazia, con la trasparenza e il pluralismo? Come ci difendiamo dalla aggressività della finanza e dei mercati senza regole? Come possiamo tutelare la stampa e i giornalisti dal fare propaganda?

 

Roberto Giuliano

 


 

giovedì 3 aprile 2025

Il capitalismo la guerra e la natura umana

 

Il capitalismo la guerra e la natura umana

“Quante volte s'è vista condannare la verità! È triste, ma purtroppo vero, che l'uomo non impara niente dalla storia.” (C. G. Jung).  Oggi c’è di più, si cerca di ricordare la storia nel modo che più aggrada alfine di manipolare il consenso, con allarmismi e paragoni storici che non hanno nulla a che vedere con le forze attualmente in campo. Esistono, ovviamente, più storie che forniscono diverse verità, questo avviene perché coloro che vincono hanno tutto l’interesse di scrivere e far studiare l’interpretazione della storia in funzione al loro ruolo di vincitori. Ciò non vuol dire considerare il negazionismo una interpretazione della storia, anzi, il più delle volte è usato dagli interessati come operazione di contestazione per trovare una identità propria per contrastare in modo qualunquistico il potere costituito, ma nei fatti sono funzionali allo stesso potere che vorrebbero contestare, come dire: se non ci fossero bisognerebbe inventarli.

Con questo non si vuole certamente affermare che nelle vicende dei vari paesi non ci siano state “amnesie” storiche che, comunque, nel cambio di regime o nei secoli sono emerse: negare lo sterminio dei Curdi, degli Armeni o definire briganti coloro che si opposero all’unificazione dell’Italia. Non è un caso che i Paesi democratici nelle loro costituzioni prevedono il segreto di Stato, alfine di evitare che problematiche dell’oggi possano creare gravi difficoltà all’equilibrio internazionale o alla sicurezza dello Stato stesso. Piu che mai torna utile la riflessione di A. Gramsci: L'illusione è la gramigna più tenace della coscienza collettiva: la storia insegna, ma non ha scolari.”

Noi Europei ci dimentichiamo che le strade della nostra storia e civiltà sono lastricate da massacri, guerre, genocidi, il tutto sempre manipolando il popolo, ieri erano le Religioni, Re, Regine, Imperatori, Principesse, Baroni, Conti e Contesse, poi arrivò la Rivoluzione Francese ed emerse la Borghesia e da essa e con essa si sviluppò la finanza gestita da una nuova aristocrazia borghese che è quella che, dopo la caduta del comunismo, domina il globo. Nel mondo, ormai, esiste solo il capitalismo con varie forme di potere da quelle autoritarie a democratiche, con le varie sfumature da illiberale a liberale, da oligarchiche a teocratiche, entrambe sotto il dominio della aristocrazia finanziaria.   Mentre ieri le guerre si facevano per far vivere bene il proprio popolo o comunità favorendo la migrazione in posti più accoglienti e dichiarando guerra a quelli autoctoni, pian piano si afferma il sempre presente delirio di potenza territoriale fino ad arrivare all’economia del controllo dei mercati. Delirio di onnipotenza da parte di alcuni umani al potere convinti di essere sempre nel bene o di avere una missione divina da compiere.

Le guerre che sono scoppiate in Europa, dopo il 1991, sono la conferma sia della fine di un equilibrio (del terrore nucleare), ma anche il diritto dei popoli usciti dal comunismo di vivere in democrazia, ma questa libertà ritrovata può essere utilizzata dalla finanza internazionale come conquista di nuovi mercati e dunque nuove zone d’influenza, condizionando la politica di questi stati con modalità non sempre democratiche di cui le guerre, i tumulti, i colpi di stato, ne sono la conferma.

L’odiato Trump ha tolto il velo dell’ipocrisia al buonismo dei Democratici americani e della finanza che li spalleggiava. Certamente, anche con Trump la finanza dirige le politiche, ma alla luce del sole, ciò vale per tutte le nazioni, non è un caso che Francia e Gran Bretagna stanno cercando, in questo momento e in tutti i modi, di ostacolare un accordo tra l’America e la Russia perché sarebbero esclusi dagli accordi economici sull’Ucraina. Consideriamo che esse sono tra le potenze vincitrici della seconda guerra mondiale e hanno una sotterranea visione imperialistica (gli inglesi con il Commonwealth e la Francia con i Territori d’oltre mare), ma tali non sono.

Con l’affermarsi del capitalismo, come unica realtà economica mondiale, ci si pone il problema di quale capitalismo!  Il capitalismo vive bene sia con regimi dispotici e autoritari, anzi meglio che con i regimi democratici. Da sempre il capitalismo Americano e quello Europeo sono differenti, noi abbiamo sempre avuto un capitalismo con una forte presenza di uno stato sociale, per quanto diverso da nazione a nazione, che non è paragonabile a quello americano, ma ormai anche in Europa è arrivato il vento della finanza angloamericana che destabilizza le istituzioni e impoverisce i popoli. Sarà possibile un capitalismo sociale? Una finanza sociale e produttiva? da non confondere con la finanza speculativa che prima ti deruba e poi, per lavarsi la coscienza, fa la beneficenza. Come possono i paesi democratici avere un controllo sulla finanza e non essere dipendenti dalla finanza? Le forze in campo sono diverse, l’intelligenza artificiale ridisegna una nuova rivoluzione lavorativa e sociale, ma se non curiamo ed educhiamo l’animale umano all’empatia per sé e i suoi simili rimarremo sempre dei selvaggi autolesionisti, che credono di risolvere i conflitti con le guerre, nessun paradiso terrestre, ma solo buon senso tipico di tutta la specie animale.

 


L’intolleranza virus malefico del socialismo e del Paese

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